…di qui passò Francesco…

Diario di un coinvolgente e intenso cammino percorso da Pino e Mino dal 10 al 24 maggio 2007

 

Cartina Percorso

IL CAMMINO FRANCESCANO
alla scoperta dei luoghi dove lui passò, sostò per poi andare OLTRE...

"Il pellegrinaggio ha senso se fatto a piedi; è un avvicinamento lento,
è un tempo: non solo il raggiungimento della meta.
Il pellegrinaggio ha a che fare con la solitudine,
è perdersi per ritrovarsi". (Erri De Luca)

PREMESSE GENERALI AL NOSTRO CAMMINO
Abbiamo percorso questo eccezionale cammino (che Mino meditava da tempo) per merito di quella eccezionale “pellegrina” che con il suo travolgente entusiasmo e la sua conoscenza sulla vita e le opere di questo Santo straordinario e sempre attuale, ha tradotto nella bellissima guida tutte le informazioni utili per percorrerlo trovando, ovunque, ospitalità e assistenza.

Il nostro primo Grazie va pertanto a Angela Seracchioli e, logicamente, a tutti quelli che l’hanno aiutata, interpretata e capita nella sua dinamica attività a partire dai Frati Minori, che avranno esercitato pazienza e comprensione, ma anche a tutte le altre persone che in vario modo stanno dando sostegno a una iniziativa che ha, certamente, grande valenza personale e spirituale.

San Francesco, nel cammino, è presente sempre e aiuta ad andare avanti. Coraggio dunque, il sacrificio vale la fatica.

Il cammino arricchisce, non solo spiritualmente, chi lo percorre.

Ecco la Credenziale rilasciata dalla Provincia Serafica dei Frati Minori dell’Umbria e che accompagna i pellegrini lungo tutto il percorso poeticamente denominato “Di qui passò Francesco”.

 
 arricchirà l’anima di chi lo percorre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riepilogo sintetico del nostro pellegrinaggio

dal 10 al 24 maggio 2007

 

 

 

10 MAGGIO 2007 - LE MOTIVAZIONI - LA PARTENZA - PIERO DELLA FRANCESCA AD AREZZO - BIBBIENA - CHIUSI - LA VERNA

Arezzo e il Grifo

 
Siamo partiti per questo speciale itinerario dopo aver percorso il Cammino di Santiago e la Via Francigena, quest’ultima l’anno scorso nel 500° anniversario dall’inizio della costruzione della basilica di S. Pietro. C’era con noi Bruno che quest’anno, a casa, sta percorrendo un itinerario, diverso, di lotta contro una grave malattia: Ci è mancata la sua presenza, vitalità, allegria.

L’abbiamo portato ogni giorno, con angoscia, nel cuore.

Io sono Mino

 
Ed è proprio nel cuore che ci è nata e si è radicata l’idea di percorrere questo nuovo “cammino” sui luoghi dove San Francesco ha vissuto la sua incredibile esperienza di vita e di cristianesimo.

Per questo ci siamo dati appuntamento, Mino e Pino, per una partenza che è stata difficile e tribolata per vari fatti famigliari. Doveva essere con noi don Beppino, grande conoscitore della spiritualità francescana, che una fastidiosa tallonite ha trattenuto a casa privandoci della sua preziosa presenza: Ci è mancato anche lui, con la sua sapienza e capacità di gustare le gioie e le fatiche che un pellegrinaggio a piedi richiede e dona.

La partenza è stata decisa all’ultimo momento, due giorni prima. E ci ha trovato poco allenati. Siamo partiti pieni di entusiasmo in treno, da Padova, alle ore 9,40 di giovedì 10 maggio 2007. Alle 13 siamo ad Arezzo pronti a visitare la magnifica mostra dedicata al grande pittore Piero della Francesca. Il primo giorno lo dedichiamo a lui, di cui conosciamo già, per averlo visitato, il bellissimo ciclo di affreschi sulla vera storia della Croce nella chiesa di San Francesco (sic) proprio ad Arezzo.

Arezzo è una bella città, a dimensione d’uomo ed è facile girarla e visitarla. Quando usciamo dalla mostra prendiamo il trenino che ci porta, lentamente, a Bibbiena. Il tempo di un gelato e subito un moderno autobus con aria condizionata ci porta, con un percorso tortuoso che tocca tutti i borghi di questa bella terra, a Chiusi della Verna, a 953 m.s.m. Qui inizia, zaino in spalla, il nostro pellegrinaggio. Un bellissimo sentiero ombreggiato, un concerto di usignoli e cuculi, una temperatura ideale ci fa giungere, in circa 40 minuti di passeggiata, nel luogo ricco di memorie francescane. Al Santuario della Verna troviamo alcuni giovani in preghiera, una suora, il sagrato illuminato dai raggi radenti del sole, la grande croce in legno. Visitiamo subito Santuario, Sacro Speco, Cappella delle stimmate con il letto in pietra che era il giaciglio di San Francesco. Le colorate maioliche dei Della Robbia rendono tutto più  prezioso. Prendiamo posto nella moderna (troppo?) Foresteria dove suor Priscilla ci riceve da pellegrini. Condividiamo la cena con turisti-escursionisti tedeschi e italiani. Poi saliamo in chiesa a recitare il rosario e usciamo per conoscere la partenza di domani. Alle 9,30 il frate guardiano suona la campana e chiude la porta del convento. Ci ritiriamo nella bella (troppo?) cameretta a scrivere il diario. Ci sentiamo pellegrini di lusso!

11 MAGGIO 2007 - LA PRIMA TAPPA - PIEVE SANTO STEFANO - CERBAIOLO - CHIARA E LE SUE CAPRE - LA CELLA DI S. ANTONIO

Sveglia alle 6 – Caffè alla macchinetta e poi in chiesa dove la cappella delle reliquie (bastone, piatto, tazza) è chiusa per lavori. Usciamo con i tedeschi pure loro in partenza, ma con i pulmini. Grandi parcheggi testimoniano l’affluenza sempre maggiore al Santuario. Ci hanno riferito che molti giovani frequentano la Verna e questo fa ben sperare. Il sentiero per Monte Calvano (m. 1253) è bello, ombreggiato da pini e quercie. Cuculi e usignoli rendono allegro il nostro cammino. Siamo nello spartiacque tra la foresta casentinese e la valle tiberina. La segnaletica è ottima, sia quella bianco-rossa del CAI-GEA, sia quella gialla del cammino, con la Tau. Si apre un dibattito tra me e Mino sulla posizione dell’apice della Tau: in basso a destra o a sinistra? Lo continueremo per tutto il cammino e alla fine ognuno rimarrà della sua idea.

La solitudine ci accompagna.

Segnaletica efficace

 
Alle 11 siamo a Pieve Santo Stefano (m. 432) dove c’è tutto un movimento di preparativi per la corsa d’auto in salita che ci sarà domani. Ci fermiamo per birra e panino al Bar Europa. Questa prima parte del percorso è stata facile e più corta di quanto descritto nella guida. Visitiamo la chiesa e il paese facendo rifornimento di frutta, pane e formaggio per stasera e domani. Saliamo fino al cimitero e agli impianti sportivi alla ricerca dei segnali del percorso, ma sarà un giro inutile e sotto il solleone perché parte dal centro, vicino ad una bella fontana dove la salita si fa subito erta e dura. Fatica e sole. Si suda e si beve. Dopo due ore in sentieri da capre, stanchi, intravediamo l’Eremo di Cerbaiolo (m. 785). Sembra attaccato alla montagna. Bisogna scendere e risalire, ma ne vale la pena. Le capre di Chiara, numerose, si intravedono già e lei ci aspetta. E’ merito suo se questo Eremo è stato restaurato e rifatto dopo le distruzioni della guerra.E’ una donna singolare che tratta le sue capre come “bambini” e che ci riserva un’accoglienza fraterna per tutta la serata. La semplicità si fa bellezza nella chiesina e nel chiostrino dell’Eremo.

Alle 18 iniziamo a recitare il rosario mentre arriva un gruppo di giovani ospitato nella Foresteria più in basso. Assieme a loro andiamo a visitare la cappelletta costruita sulla cella che ha ospitato per tre mesi S. Antonio da Padova (ma nato a Lisbona) e sotto alla quale abita un eremita che non vuol essere disturbato. Il gruppo è diretto a Roma, dove parteciperà al Family Day di domani. E’ bello fraternizzare con questi giovani impegnati. Alle 19,30 ottima cena nel refettorio attiguo alla cucina dove Chiara ha tutto: ufficio, ripostiglio, infermeria per le capre. E’ sola, ci ha accolto e ci ha preparato una straordinaria cena che consumiamo con appetito … assieme ad alcune petulanti caprette. Ridiscendiamo poi alla Cappelletta di S. Antonio completando il rosario e cantando la Salve Regina. Ci stendiamo sul letto di pietra del Santo pregando per tutti quelli che si sono raccomandati a noi e che portiamo nel cuore. L’acustica è perfetta e Mino è ben intonato. Un fruscio alle spalle ci fa trasalire: è l’eremita che, forse attirato dai canti nella notte, è venuto a vedere. Sparisce subito e noi torniamo all’Eremo gustando la notte stellata. Qui troviamo Chiara che sta allattando un capretto nato prematuro. Iniziamo una piacevole discussione sulla storia dell.Eremo e parliamo anche di un quadro di valore che le è stato dato in custodia e che non sa dove mettere.

E’ ormai ora di ritirarsi per il diario e il riposo.

Silenzio e pace ci accompagnano in una magica serata. Sembra quasi che il tempo si sia fermato.

 

 

 

 

12 MAGGIO 2007 - LA TAPPA PIU’ DURA - MONTAGNA, MONTAGNA, MONTAGNA - EREMO DI MONTECASALE - SANSEPOLCRO

Sveglia alle 6 e troviamo già alzata anche l’incredibile Chiara che ci ha già preparato caffè e biscotti e ci aspetta per farci vedere i tesori nascosti della chiesa e l’antico refettorio affrescato. Capolavori che rendono prezioso l’Eremo.

E’ bello parlare con Chiara, donna di altri tempi e di grande cultura.

Ci sentiamo onorati di essere stati suoi ospiti esclusivi e la salutiamo con gratitudine e nostalgia.

La tappa che dobbiamo affrontare è molto lunga e dura, tutta di montagna. Un percorso interamente a saliscendi, solitario, tra prati e boschi. Fa freddo, 10°C. e solo al Valico di Viamaggio (m. 984) troviamo un posto di ristoro nel rifugio aperto e bene fornito.

Ripartiamo rifocillati e ci attende subito una ripidissima salita su terreno fangoso che ci porta al Poggio dei Piani (m. 1132). Due guardie forestali ci fanno notare impronte di lupi. Alle 11 siamo a Pian delle Capanne (m. 1028) e ci rifocilliamo con i panini di ieri. Il freddo e la nebbia sono spariti e ripartiamo col caldo. Manca ancora molto per l’unico paesino “Montagna”, con bar e birra.

Poi ancora salita e discesa fino al Convento di Montecasale (m. 714) dove un burbero e barbuto frate ci pone il timbro sulla Credenziale tenendoci fuori dalla porta: strano concetto di accoglienza.

Siamo stanchi quando affrontiamo la dura discesa verso la fonte e lo Speco di San Francesco e poi alla ancora lontana Sansepolcro. (m. 376) Qui ci attende un’altra sorpresa: i Frati del Convento dove avevamo prenotato ci hanno scaricati perché sono arrivati turisti statunitensi in visita alla mostra di Piero della Francesca “…che hanno pagato”. Che brutto sperimentare questa moderna “perfetta letizia” francescana. Evitiamo di suonare al convento, non vorremmo trovarci “suonati”.

Ma alla Foresteria dei Servi di Maria la cortesissima Margherita ci accoglie con gioia e cordialità in un austero palazzo dove condividiamo la stanza con un giovane irlandese di passaggio.

Piero della                    Francesca

 
Anche se stanchi ci laviamo, facciamo il bucato, stendiamo e poi usciamo per un’ottima cena e, soprattutto, per visitare questo gioiello di cittadina, ricca di bei palazzi, che è stata la patria di Piero della Francesca. Peccato che la mostra sul grande concittadino sia, a quest’ora, chiusa.

Ci accontentiamo della statua del grande pittore situata in un giardino botanico didatticamente molto interessante.

Il mattino dopo visiteremo più dettagliatamente i monumenti e la chiesa con capolavori di Perugino e Della Robbia.

Dappertutto manifesti che annunciano la prossima beatificazione di Mons. Liviero, Vescovo di Città di Castello,  vicentino come noi e sacerdote della nostra diocesi, Padova.

 

13 MAGGIO 2007 – ANCORA PIERO DELLA FRANCESCA – CITERNA  – MONTERCHI E LA MADONNA DEL PARTO

E’ domenica, festa della Mamma e 90° anniversario delle Apparizioni di Fatima. Quando partiamo la cittadina è in fermento. La strada ci porta (assurdamente) nel traffico della tangenziale e fa caldo subito, ma camminiamo spediti.

A San Biagio non arriviamo in tempo per la S. Messa per cui proseguiamo salendo le rampe verso la Madonna di Petriolo dal bel Santuario restaurato e dallo svettante campanile in legno lamellare (che piace poco ad Angela Seracchioli, ma che è pur sempre moderno, ardito e slanciato).

Qui le case sono tutte belle e particolarmente curate. Rischiamo di sbagliare la strada, ma rimediamo subito. Fa caldo e per strada troviamo solo ciclisti e un signore con la ruota bucata.

Alle 11 arriviamo a Citerna, cittadina di origine etrusca posta sopra un bel colle e dove un giovane parroco dall’aspetto molto “francescano” celebra una S. Messa coinvolgente con tutti i giovani attorno all’altare e con un coro accompagnato con chitarre e strane percussioni, quasi come in Africa. Ci concediamo anche un veloce pranzetto, visto che è domenica, e poi ci rimettiamo in strada per arrivare a Monterchi dove c’è una delle celebri opere di Piero della Francesca: la Madonna del Parto cui hanno dedicato un apposito e bel museo. Paghiamo il biglietto da “studenti” e ne approfittiamo per seguire il bel documentario sul grande Piero. Ci riposiamo appagando il nostro, pur modesto, senso del bello.

E’ caldissimo e un pò tardi quando ripartiamo. Facciamo così una galoppata veloce lungo la strada asfaltata e trafficata, ma che in 12 km. di fuoco ci porta dritti a Città di Castello dove giungiamo stremati alle 18. Incrociamo il parroco di Citerna all’uscita di una chiesa. E’ proprio “francescano”. Solite doccia e bucato e siamo rinfrancati. Ma abbiamo poca voglia di visitare la città. In compenso troviamo un ristorantino solo per noi dove gustiamo una cena completa chiacchierando col proprietario. E’ il preludio per un buon riposo. Domani è prevista un’altra tappa dura e lunga.

 

14 MAGGIO 2007 - SALIRE, SEMPRE SALIRE, FINO A PIETRALUNGA…

Partiamo presto, preoccupati per una tappa che si preannuncia lunga e in salita. Un ottimo bar con procaci ragazze ci consente un’ottima colazione. Ci facciamo dare anche un po’ di frutta per il viaggio. E’ lunedì e non c’è nessun altro bar per tutto il percorso. Sbagliamo subito la strada, ma passando sotto un bassissimo sottopasso ferroviario rintracciamo gli Zoccolanti e la retta via.

La strada asfaltata é poco frequentata e consente la recita del rosario che ieri abbiamo tralasciato per stanchezza.. Il paesaggio è bellissimo e in località Sasso troviamo solo i resti del pic-nic di ieri, il bar chiuso e, per fortuna, una fonte d’acqua.

La strada sale, sale, sale fino a diventare simile a un passo dolomitico. Anche la vegetazione è simile, con molti pini dal forte odore di resina. Le ginestre, con il loro profumo, inebriano. Continuiamo la dura salita che sembra non finire mai. Troviamo buffo e appropriato a noi il nome di questa a strada provinciale “della Baucca” (nomen omen).

Arriviamo a Pietralunga presto, alle 14, ma accaldati e stremati tanto che io, incautamente, bevo con tale avidità due birre alla spina ghiacciate che, assieme a un colpo di aria fredda, mi metteranno lo stomaco in subbuglio. Le conseguenze le patirò domani, con gambe molli e fiacchezza diffusa.

Ricevo messaggi e telefonate varie. Luciano mi manda SMS brillanti e faceti e rispondo per le rime.

Luna Rossa batte Oracle e Petacchi vince la tappa del Giro d’Italia a Cagliari. Oggi abbiamo anche il televisore perché siamo all’Hotel Tinca, ideale per pellegrini e, soprattutto, eccezionale per qualità di camere e servizi. Alle 18 andiamo alla S. Messa di don Salvatore che ci accoglie con calore illustrandoci, con molta competenza, la storia della Pieve di S. Maria e della Pieve de’ Saddi che risale al IV-V secolo, antichissima e abbandonata!

Pieve S. Maria a Pietralunga

 
Conosciamo Rosanna, loquace pellegrina friulana che viaggia con due simpatiche e giovani ragazze argentine.

Posso così esibirmi nel mio spagnolo appreso lungo il cammino di Santiago, e le faccio ridere, ma finisco presto il mio scarno vocabolario. Hanno scelto questa fatica per fare le ferie, bravissime.

La chiesa è ricca di opere d’arte e il paese è delizioso. Anche i prezzi nella pizzeria sono convenienti. Ma è bellissimo l’incontro con la gente locale, cordiale e accogliente. Una guardia forestale porta Mino in fuoristrada a vedere il percorso di domani e per suggerire una utilissima scorciatoia che ci farà risparmiare almeno due chilometri. Ci interessa perché domani vogliamo arrivare presto a Gubbio dove si celebra la famosa Corsa dei Ceri.

A sera restiamo a lungo a chiacchierare in strada, come una volta. Paesino d’altri tempi. Fa fresco.

 

15 MAGGIO 2007 - GUBBIO E LA CORSA DEI CERI - FESTA, GRANDE FESTA E, SOPRATTUTTO, EMOZIONI IN DIRETTA, VIVE, VISSUTE

Notte pessima (a causa della birra ghiacciata) nonostante l’ottimo letto e la camera eccezionale. Male alle ossa e debolezza diffusa. Mi sta bene.

Alle 5,30 colazione pantagruelica con Aldo Tinca il padrone dell’Hotel. Ma mi sento svuotato. Accenna a piovere e quando partiamo siamo con Rosanna, la friulana di Maniago e le giovani argentine Lucille e Magdalena che hanno dormito nei locali della parrocchia. Dopo una breve salita inizia la lunga discesa verso Gubbio e cominciamo a trovare le case addobbate e la gente in movimento per la festa.

La Corsa dei Ceri non è una gara, ma una vera e propria festa popolare, così, nella stessa famiglia, convivono indifferentemente tifosi dei tre Santi che vengono innalzati su queste torri di legno chiamate, per la loro forma, Ceri.

E’ una festa vissuta da tutti e anche i bambini in tenera età sono vestiti con i colori dei tre Santi: rosso e giallo per Sant’Ubaldo, rosso e blu per San Giorgio e rosso e nero per Sant’Antonio.

Uno dei “Ceri” di Gubbio

 
La festa dura tutta la giornata, iniziando al mattino quando i Ceri vengono “alzati” e portati fuori dalle mura in attesa della processione del Patrono che inizia nel pomeriggio e si conclude con la famosa, entusiasmante “corsa”. Verso le 18, mentre aspettiamo la fine della processione, arrivano le due giovani pellegrine di lingua spagnola attardate e malconce a causa di un forte dolore “a las piernas”. Noi, seduti fuori in strada, ci gustiamo un ottimo panino con la porchetta, vera specialità di Gubbio, annaffiandolo anche con un paio di bicchieri di Chianti. Comincio a riprendermi dalla fiacchezza, ma mi sento ancora uno straccio. Che fosse fame? E’ certo che non berrò più birra ghiacciata dopo le fatiche e le sudate.

Intanto finisce la Processione e, dopo lo sbandieramento del Sindaco, inizia questa festa coinvolgente e travolgente che non è una gara, come detto, ma una vera e propria “Corsa” con i “Ceri”, queste pesantissime macchine lignee portate a turno da gruppi di sostenitori in un crescendo di velocità ed emozioni che tutti seguono con entusiasmo e partecipazione incredibili.

Le macchine entrano a tutta velocità nella piazza stipata all’inverosimile e fanno tre giri attorno alla fontana prima di uscire e iniziare la salita fino alla cima del Monte Ingino dove c’è il Santuario. Ai limiti dell’abitato, in prossimità della Porta di S. Ubaldo, le squadre si fermano per prendere fiato e riorganizzare i gruppi di portatori. E’ necessario anche abbassare i “Ceri” e farli passare attraverso la porta: da dove poi la corsa non concederà più tregua perchè i “Ceri” devono correre per tutta la lunga salita che conduce al Santuario.

Emozioni di altri tempi che viviamo anche noi, con la gente di Gubbio e i turisti, con curiosità.

Prima di tornare al Convento delle Monache ci godiamo la Gubbio in festa, mescolati tra la folla. Dal nostro rifugio il suono delle campane e i rumori della festa che si prolunga, accompagnano il nostro sonno. E’ stata una giornata memorabile, la ricorderemo a lungo.

 

16 MAGGIO 2007 - IL SENTIERO DELLA PACE - MERAVIGLIOSE ACCOGLIENZE - IL CASTELLO DI BISCINA - VALFRABBICAAA…

Caisassi – La Famiglia Passeri

 
Lasciamo presto le Monache che da ieri, dopo averci consegnato le chiavi, sono diventate invisibili. Parte con noi anche Rosanna, la pellegrina friulana che intavola piacevoli conversazioni con tutti, anche con la barista che le offre il caffè. Stamattina percorriamo il “Sentiero della Pace”, ben segnato e tranquillo, fuori dal traffico. Sembra di essere lungo il “Cammino di Santiago” e c’è tempo di chiacchierare e godere del paesaggio. Una delle rare macchine che incrociamo si ferma: è la moglie di Luciano, titolare di un ottimo agriturismo a “Ponte di Riocchio” che ci invita a fermarci nel suo locale e ci offre crostata, caffè e un bicchiere di vino. Simpatico intermezzo che ci permette una sosta piacevole e corroborante. Sbagliamo strada, ma quando la ritroviamo ecco la bella cappellina di “S. Maria della Ripa” e, poco dopo, l’ingresso perfettamente decorato dell’Eremo di San Pietro in Vigneto dove, senza tanti complimenti, è scritto di non disturbare. Tiriamo dritto non senza osservare che esistono, probabilmente, eremi a cinque stelle ed eremiti “troppo” attrezzati.

Molto meglio l’incontro, del tutto casuale, con la famiglia Passeri che gode di una casa modesta posta proprio alla cima della salita, lunga e dura, che porta al Castello di Biscina.

Sembra di tornare ai vecchi tempi: i famigliari e alcuni amici sono lì, fuori di casa, sotto la pergola a chiacchierare e ad accogliere, con il sorriso e la cordialità, i pellegrini che passano. Pronti ad offrire un bicchier d’acqua, una sedia, un sorriso. Rosanna è maestra di simpatia e ci coinvolge tutti. Siamo stanchi e ci sta bene riposare e qui è come essere in famiglia. Spunta un cestino con le caramelle, delle ottime arance e, quello che apprezziamo soprattutto io e Mino, un’ottima bottiglia di vino, quello fatto con l’uva della pergola, dal sapore autentico di vino fatto in casa. Bellissimo intermezzo, ci scambiamo gli indirizzi, sono brave persone, da portare ad esempio di ospitalità. Altro che l’eremita (presunto) di San Pietro in Vigneto.

Ma bisogna proseguire e, arrivati al Castello di Biscina, austero maniero che domina la valle, decidiamo di proseguire fino a Valfabbrica. Ormai le gambe camminano da sole, ma la lunga discesa ci stancherà parecchio e Rosanna, che si è fatta una bolla al piede, si ferma a riposare.

Noi proseguiamo recitando il rosario e cantando. Io sento la fatica (alla fine della giornata avremo percorso 36 Km.), ma Mino procede spedito. Guardiamo dall’alto i lavori di una diga in terra, mai finita, e il famoso “lago che non c’è”. La foto riprodotta nella guida risale a molti anni fa, ma adesso il lago è vuoto.

La zona è assolutamente desertica, non si incontra persona.

Alle 18,25 siamo, finalmente, all’Ostello Francescano che è un vero e proprio alberghetto. Ci accoglie la bella e verbosa Manuela che, dietro un profluvio di parole, simpaticamente ci tiene in piedi (e siamo stanchi), ci fa aspettare l’acqua (e abbiamo sete) e fa confusione con le camere. Poi tutto si risolve. L’edificio è stato ben restaurato e ancor meglio arredato. Ci sono altre due pellegrine, già arrivate, che conosceremo a cena. Arriva anche Rosanna…con le scarpe nuove. E’ il terzo cambio da quando è partita. Gli scarponi li ha spediti a casa. De Luca vince la tappa e conquista la maglia rosa.

Alle 20 cena per tutti con spaghetti in quantità industriale (come richiesto da Mino) e conoscenza con le due sorelle pellegrine, da Vicenza. Carmen e Paola sono esperte di trekking e pellegrinaggi. Hanno già compiuto due volte, su percorsi diversi, il Cammino di Santiago e hanno un palmares che comprende varie parti del mondo. Nel loro quartiere le chiamano le “sorelle mille-passi” e, del resto, hanno taglia atletica e fisico invidiabile. Cammineremo simpaticamente assieme i prossimi giorni.

Ci concediamo il gelato girando per il bellissimo paesino. Poi in camera a finire il diario e riposare.

 

17 MAGGIO 2007 - FINALMENTE ASSISI - SAN FRANCESCO CI ASPETTA - MA ANCHE ANGELA SERACCHIOLI - PERFETTA LETIZIA

Tappa corta e facile, anzi piacevole. La signora Manuela è venuta in anticipo per la colazione, con trattamento da albergo. Il sentiero ci riserva saliscendi fastidiosi, ma siamo immersi in un mare di profumatissime ginestre. Rosanna, dopo ampie discussioni, è avvinta dalla spiritualità che emana il paesaggio e va in crisi mistica. Si isola e prosegue da sola. Sente forte una voce interiore e vuole ascoltarla.

Passiamo in posti fantastici e entriamo ad Assisi da Porta San Giacomo dove trovo la “gogna” che mi merito per il troppo parlare. Ben mi sta!

Al bar dove ci fermiamo per ristorarci arrivano due procaci e sportive pellegrine veronesi. Non le incroceremo più. Forse avevano altre motivazioni o erano arrivate al capolinea. Una proveniva da Trapani, ma vive da anni a Verona.

Alle 12,30 ecco pararsi, davanti a noi, la prima grande meta del nostro itinerario sui passi di San Francesco.

E’ con emozione e un po’ di commozione che, in una giornata dal sole magnifico, scendiamo verso la chiesa.

Entriamo dalla Basilica superiore, ammiriamo muti gli affreschi di Giotto, guardiamo i restauri che ricordano il dramma del terremoto e poi scendiamo nella Basilica inferiore dove, soli nella cappella dedicata alla Maddalena, recitiamo il rosario della giornata e ricordiamo tutti i nostri cari.

Arriva anche Rosanna: ha creato un mazzolino di fiori di campo con annessa una chiocciolina viva, delizioso, e lo depone sulla tomba di San Francesco, poi si apparta a pregare, da sola e in silenzio.

Noi ci dedichiamo a piccole compere per i famigliari, gli amici, le persone care. Poche cose e leggere, perché poi bisogna portare tutto nello zaino. Alle 15 entriamo in città, con un sole forte e faccio conoscere a Mino la romanica chiesetta di Santo Stefano, la piazza principale, San Ruffino con la bella galleria di ritratti di Papa Giovanni Paolo II, Santa Chiara. Assisi è da vedere così, senza fretta, bella sempre. Ci fermiamo al bar per godere questi momenti incantati. Poi proseguiamo per l’antica cattedrale di S. Maria e ancora a S. Pietro. E’ ormai ora di scendere all’Ostello, Angela ci aspetta. Percorriamo il famoso, per le polemiche, ma bello e utile, ora che è realizzato, sentiero in mattoni personalizzati che unisce Assisi a Santa Maria degli Angeli. Proprio lì, in posizione strategica ed invidiabile, c’è il più autentico degli Ostelli/Rifugi del percorso “Foresteria della Perfetta Letizia”. E’ curato da Angela Seracchioli, la dinamica ed entusiasta promoter del pellegrinaggio. Angela è un vulcano di donna. Bolognese di nascita ha girato il mondo in attività tra le più svariate, ha formazione artistica, dipinge e sa fare mosaici. Ma qui ad Assisi ha trovato la sua massima ispirazione, sulle orme di San Francesco e, probabilmente, con lo stesso spirito visto che, praticamente, vive alla giornata, totalmente a servizio dei pellegrini. E’ una perfetta ospitaliera e ci troviamo in parecchi nell’ostello. Infatti oltre a noi, a Rosanna e alle due sorelle vicentine, sono arrivate le due giovani argentine e una coppia di Pordenone in bicicletta.

Dopo il solito rito (lavarsi, lavare e stendere) usciamo per andare a pregare alla Porziuncola dove c’è l’Adorazione del SS.mo. Rientriamo per le 19,30 e la serata che trascorreremo assieme sarà la più frequentata ed animata dell’intero percorso. E anche la più vicina al clima che si incontra negli Ostelli del Cammino di Santiago, ravvivata dall’Angela che, tra l’altro, è un’ottima cuoca e imbandisce una  eccezionale cena, totalmente vegetariana, ma proprio per questo tanto più gradita. E’ anche occasione per scambiare idee sul percorso, per dare alcuni suggerimenti, per rilevare alcune cose migliorabili, per conoscerci tra noi, fraternizzare., da pellegrini!

Foresteria della “Perfetta Letizia

 
Le testimonianze che porta Angela ci fanno capire come questo itinerario stia decollando. Nel 2007 ha già spedito più di mille “Credenziali”: una vera e propria esplosione di richieste e di presenze.

Bella serata, bellissima accoglienza in vero spirito da pellegrini. Ci addormentiamo in pace.

 

18 MAGGIO 2007 - SANTA CHIARA A SAN DAMIANO - L’EREMO DELLE CARCERI - IL SUBASIO - SPELLO (CHE BELLA TAPPA)!

La sorpresa del risveglio è la pioggia. Il Subasio è minacciosamente nero e si sentono tuoni in lontananza: grossi goccioloni ci inducono a preparare ombrelli e coprizaino. Carmen e Paola (le sorelle di Vicenza) sono le prime ad alzarsi e preparano la colazione per tutti. Bravissime.

Alle 6,30 arriva, come un uragano, Angela e ci carica nella sua scassatissima auto per portandoci a S. Damiano per partecipare alle lodi e alla S. Messa. L’ambiente, la storia, l’arte del piccolo convento e della splendida chiesetta restaurata da San Francesco, contribuiscono a rendere unica e indimenticabile la nostra presenza alla S. Messa.

Siamo pellegrini e ci vengono riservati i posti d’onore, nel presbiterio.

Angela Seracchioli, ospitaliera impareggiabile

 
Il clima raccolto favorisce preghiera e sacrificio.

Quando usciamo il tempo si è rasserenato. I ciclisti partono mentre noi, dopo le foto di rito, saliamo con Angela alla Porta Cappuccini ad Assisi: qui dobbiamo dare l’addio, con cordialissimi saluti e abbracci, all’Angela perchè è ora di intraprendere la salita verso l’Eremo delle Carceri. Siamo in cinque, la salita è piuttosto dura (circa 500 metri di dislivello) ed è raccontando i “casi della vita” che rendiamo più gradevole la nostra fatica. All’ingresso dell’Eremo delle Carceri il furbo barista mi fa pagare 2,70 € una bottiglietta d’acqua. Pazienza. Entriamo nel suggestivo Eremo dove tutto è piccolo e stretto, a dimensione di Francesco.

Eremo delle Carceri

 
Quando ripartiamo seguiamo i consigli di un anziano e prendiamo il percorso della pace che ci evita la salita alla vetta del Subasio. Il percorso è adatto anche ai disabili ed è molto bello e scorrevole. Passiamo sotto le Antenne Rai e Fonte Brega con il racconto dell’esperienza lituana. Il tempo migliora e l’arrivo a Spello è, in assoluto, il migliore dell’intero cammino. Oggi è la festa di San Felice, frate cappuccino patrono di Spello e ci sono i festeggiamenti. Scendiamo per Via Fontana Vecchia in località Villa dove si trova l’Ostello “Piccolo San Damiano”. Suor Pia ci accoglie in ambiente pulitissimo, spazioso e riservato solo a noi. Finalmente una tappa in cui ci si può riposare. Il sole è splendido, l’aria è tersa e spira un felice venticello. Ideale per fare il bucato generale di tutta la nostra roba, per stendere nel comodo stenditoio delle suore. Telefono a don Luigi Bonollo, scledense in servizio nelle valli di Foligno, esperto pellegrino che accompagna da molti anni la sua parrocchia di origine, Monte Magrè, nel pellegrinaggio di tre giorni verso il Santuario della Madonna della Corona, nel trentino, considerato il più ardito d’Italia in quanto ricavato sotto una enorme parete rocciosa, a picco nella Valle dell’Adige. Arriva verso le 18, con la sua vitalità dirompente, e ci racconta del suo lavoro pastorale. Ci accompagna poi a Spello, la città dei fiori (famosa per l’infiorata della processione del Corpus Domini) e saliamo ad ammirare la Cappella Baglioni, capolavoro del Pinturicchio che si accompagna a dipinti del Perugino.

Assistiamo quindi all’inizio della processione del patrono. Alle 19,15 incrociamo un vecchio scultore-poeta che ci introduce nel suo laboratorio (una casa modestissima) recitandoci poesie varie. Simpatico intermezzo prima della cena che le suore ci servono nel refettorio annesso all’Ostello e che è tutto per noi. L’appetito non manca.

E’ tempo di prelevare il bucato che, oggi più che mai, e pulito e asciutto. Il rito di ogni giorno oggi è stato più piacevole, avevamo tutto a disposizione.

Nell’ampio cortile dell’Ostello, che è come un belvedere sull’Umbria, finiamo la bella giornata chiacchierando e ammirando la luna che sembra disegnata in un cielo stellato di rara limpidezza.

Il bucato…come tutti i giorni.

 
Pellegrinare è anche godere di momenti come questi, ricchi di spiritualità e di emozioni vere.

Le telefonate a casa completano la giornata che è stata bellissima.

Bella tappa, la prima della seconda settimana, una delle meno faticose, iniziata a San Damiano in Assisi nel ricordo di S. Chiara e finita all’Ostello “Piccolo San Damiano”di Spello.

 

19 MAGGIO 2007 – LA TAPPA PIU’ LUNGA – FOLIGNO E S. ERACLIO – TREVI E LE FONTI DEL CLITUNNO – SPOLETO IN DECLINO

Colazione autogestita alle 6,30 con scodella di caffelatte, come piace a me. Arriva don Luigi a salutare le sorelle vicentine (una delle due ha fatto il pellegrinaggio alla Madonna della Corona con lui) ed è festa. Passiamo per Spello a ritirare il foglio con le poesie che il vecchietto di ieri, ci ha lasciato in una feritoria del muro di casa. Dei lavori in corso ci fanno fare un giro vizioso e arriviamo a Foligno un po’ in ritardo. Sosta al bar e visita all’interno del Duomo che ha un baldacchino uguale, ma in scala ridotta, a quello del Bernini a Roma. Attraversiamo il bel centro insonnolito e costeggiamo la Caserma di artiglieria presso la quale ho passato cinque mesi del corso per allievi Ufficiali nel 1960 e rievoco con gli amici quel periodo di gioventù. Attraversiamo il piccolo e turrito centro di San Eraclio e, mentre le donne vanno avanti, io e Mino ci perdiamo nella campagna interpretando male un segnale. Ci ricongiungiamo a Trevi dove ci fermiamo per fare una colazione autogestita con panini e focacce. Quando ripartiamo fa caldo e sappiamo che ci aspetta la parte più lunga e noiosa della tappa, in gran parte su strada statale (Via Flaminia) trafficata che, però, ci riserva una sorpresa. Nei pressi del Tempietto del Clitunno una giovane coppia, vedendoci con gli zaini e la conchiglia da pellegrini, ci ferma raccontandoci, con entusiasmo senza pari, di essere stati l’anno scorso a Santiago e di essere fermamente determinati di tornare, partendo da Roma. Vogliono che ci fermiamo a casa loro, abitano a Campello, poco più avanti, per offrirci la colazione, ma noi non possiamo fermarci, la tappa è ancora lunga. Allora ci precedono in auto, corrono a casa, ritornano, ci intercettano dopo le Fonti del Clitunno portandoci bibite, frutta e, addirittura, una insalatiera di fragole al limone. Ci fermiamo volentieri, sorpresi del loro contagioso entusiasmo e felici di un ristoro così ricco e generoso: Scambiamo notizie ed esperienze. Giovanna e Maurizio (questi nomi della coppia) sono proprio decisi alla nuova, impegnativa esperienza che vogliono descrivere in una guida-diario. Buona fortuna. Intermezzo veramente piacevole. Ma mancano altri 12 km. che Rosanna decide di fare in autobus perché ha tanto male ai piedi. Stanchi e abbastanza stremati proseguiamo trovando, tra l’altro, strade nuove che non sono descritte nella guida. Arriviamo, finalmente, a Spoleto - Villa Redenta che è molto più di un Ostello, visti gli spazi, il parco e il concorso per cantanti d’opera che si sta svolgendo. Rosanna, arrivata prima di noi, ha già prenotata la camerata: dormiremo assieme. Il bagno ha due lavandini e due docce affiancate. Propongo, senza successo, la con-divisione maschi e femmine. Ci riposiamo fino alle 19. Poi usciamo per vedere la magnifica Spoleto. E’ città bella e faticosa, tutta in salita. Ma quello che i nostri occhi vedono ripaga la fatica. Il Duomo e la sua piazza digradante, la Rocca e il sorprendente Ponte delle Torri, la fonte dei pellegrini che recita “Bibe Viator-bevi viaggiatore” proprio per i pellegrini assetati come noi.  

Scendiamo per le ripide e strette scalinate di una Spoleto sporca e trascurata, in declino e ci dispiace. Alla Torre dell’Olio Rosanna, affamata, sfinita e piena di freddo ci aspetta nel ristorantino che ci è stato indicato. Piano bar con cantante, luci soffuse, belle ragazze in festa, cibo molto buono. Il problema è l’ordinazione che scatena le donne in vari menù e che poi, salomonicamente, finisce nell’insalatona che va bene per tutte. Noi preferiamo le penne alla norcina. Poi rientriamo in questa deludente e trascurata Spoleto dove solo i monumenti si salvano. Rosanna decide di fermarsi qui un giorno a riposare, nella camera buona e ampia. I cantanti continuano a provare, ma noi prendiamo sonno subito, è stata una giornata faticosa, veramente faticosa.

 

20 MAGGIO 2007 – DOMENICA ALLA ROMITA DI CESI – QUI E’ VIVO IL MESSAGGIO DI SAN FRANCESCO

Sveglia alle 6 dopo una notte non eccelsa a causa del letto con materasso duro e molle rumorose. Cominciano subito i problemi. La chiave per il bar dove dovrebbe essere pronta la colazione non funziona. Facciamo tutti i tentativi e alla fine rinunciamo. L’aria è fresca e vale la pena partire decisi. Siamo in quattro, noi due con le sorelle Carmen e Paola. Il lungo viale sotto le mura ci porta all’Ospedale e al Santuario della Madonna di Loreto, così come spiega la guida. Ma non troviamo le frecce gialle. Il traffico è scarso e iniziamo subito la salita verso Collerisana e la discesa fino alla strada asfaltata dove ritroviamo le frecce: forse bisognava seguire subito questa strada che, tra l’altro è più corta. La Flaminia è trafficata, ma la si lascia presto per inoltrarci tra le belle colline che portano alla Madonna di Baiano dove troviamo il primo bar. La sosta è fatale perché subito dopo, a Mogliano, sbagliamo strada e saliamo a Icciano. Chiediamo informazioni a una giovane signora che si è trasferita qui da poco e, con il marito, pensa a sistemare una casa per aprire un agriturismo. Gli agriturismo vanno molto di moda in tutta l’Umbria. Dobbiamo tornare a Mogliano e, dopo un rifornimento di acqua, la gentile signora ci offre un passaggio in auto visto che sta per andare in città. E’ una fortuna, così evitiamo la discesa. Ripartiamo di lena, raccontandoci i “casi della vita” e inoltrandoci sempre di più in queste belle e disabitate località. Arriviamo poco prima di mezzogiorno a Macerino, un minuscolo gruppo di case in effervescenza perché oggi ci sono due gruppi famigliari in festa. Facciamo colazione mentre l’animazione prosegue, qui c’è possibilità di alloggio. Carmen si è fermata ad aspettarci. Fuori dell’abitato il cammino prosegue nel bosco e tra le macchie di ginestre. La strada a saliscendi è faticosa. Troviamo sulla strada una volpe morta e tracce di animali. Poi incrociamo una piccola comitiva, guidata da un sacerdote, probabilmente in pellegrinaggio a piedi, ma con macchine al seguito. Arriviamo finalmente alla Romita di Cesi dove ci accoglie un simpatico napoletano e, soprattutto, frà Bernardino e i suoi cani, pastori maremmani.

La Romità è sepolta nel bosco ed è stato frà Bernardino, circa sedici anni fa, a rimetterla in piedi con l’aiuto di volontari in gran parte tedeschi. E’ stato in questo complesso monastico che San Francesco ha maturato il “Cantico delle Creature” e arrivando qui si capisce perché. Qui non c’è acqua corrente, ma solo di pozzo che bisogna pompare a mano, non c’è energia elettrica salvo quella prodotta da un pannello fotovoltaico che serve ad alimentare un piccolo frigorifero e una luce in refettorio e tutta la costruzione, ampia e spaziosa, è veramente francescana e finita al grezzo.

L’accoglienza è entusiastica, i cani sono mansueti. Dicono che frà Bernardino, quando è solo, cioè spesso, se li porti anche in chiesa, per avere compagnia. E’ da crederci. In compenso ci sono parecchie celle, quasi tutte arredate con mobili svariati, anche in stile, frutto di donazioni ovvero scarti di robivecchi. Ma si sta bene. Oggi ci laviamo come ai vecchi tempi, al minimo. Poi scendiamo in chiesa a recitare il rosario e le letture della S. Messa. C’è ancora tempo di sedersi nel cortile, di scrivere, di scambiare opinioni. Il napoletano simpatico (quando non sono simpatici i napoletani!) si chiama Claudio ed venuto qui come volontario perché ha sentito l’appello di frà Bernardino a “Uno mattina” in TV. “So fare niente, ci dice, ma almeno tengo compagnia al frate”. Domattina però ripartirà. Nel frattempo sono arrivate altre due pellegrine di cui una è piuttosto acciaccata. Sono di Vicenza e Valdobbiadene e si sono un po’ perse nel bosco, pur partendo da Macerino. Staremo insieme tutta la sera. Arriva infatti il momento della cena con una gran pentola di pasta (di tre tipi) preparata direttamente da frà Bernardino. E’ ottima anche perché è preceduta da una brillante e allegra preghiera-cantata che facciamo assieme stringendoci tutti per mano. Come secondo piatto tutti mettono sul tavolo quello che hanno. Per dessert abbiamo portato noi dei dolcetti per festeggiare frà Bernardino essendo oggi il suo onomastico (San Bernardino da Siena). Stasera è presente anche un frate cappuccino di vocazione adulta venuto alla Romita di Cesi per capire che strada scegliere.

Nasce un bel dibattito su San Francesco e i suoi frati. Testimonianze, confronti, scontri, ma soprattutto festa e allegria, Frà Bernardino è veramente una persona speciale, pieno di vitalità e di gioia. Scopro, in più, che abbiamo la stessa età e questo mi conforta e mi dà forza.

Alle 22,30 tutti a letto, al buio. Serata unica con personaggi unici, indimenticabili. La notte ci avvolge con il buio assoluto. E il silenzio ci accoglie fra le sue braccia. Giornata faticosa, ma straordinaria.

 

21 MAGGIO 2007 – COLLESCIPOLI E IL VESCOVO DAL PRA’ – IL SACRO SPECO DI NARNI E I FRATI MUTI – DOV’E’ SAN FRANCESCO?

Sveglia alle 6. Scrivo un pensiero sul libro degli ospiti. Mettiamo i timbri sulle credenziali e facciamo colazione. Ci salutiamo affrettatamente perché frà Bernardino deve accompagnare il verace napoletano al pullman perché rientra a Napoli. Le sorelle avvertono la stanchezza delle due ultime tappe e decidono di fare tappa a Collescipoli, mentre noi proseguiremo fino al Sacro Speco dove abbiamo prenotato per l’ospitalità. Scendiamo per la ripida carrareccia verso Cesi e la piana di Terni, lambendo i poderosi resti dell’insediamento romano di Carsulae. Dopo sei chilometri troviamo un bar (brutto) per il solito cappuccino. Quando ripartiamo è già caldo e siamo subito immersi nelle strade, nel traffico e nel rumore della zona industriale di Terni. La segnaletica è approssimativa e dobbiamo chiedere e cercare la strada per uscire da questo rumoroso caos. Ci allietano alcuni ciliegi carichi di piccoli frutti rosei.

Finalmente arriviamo a Collescipoli, pomposamente definito nella segnaletica stradale “il più bel paese dell’Umbria” e le sorelle Carmen e Paola trovano subito l’Ostello dove si fermeranno.

Mino cuoco, ne vale la pena!

 
Cerchiamo un locale per fare la sosta di mezzogiorno e per le ultime chiacchere: ricordo a loro che un mio lontano parente da Chiuppano, mons. Gio-Batta Dal Prà, è stato per tanti anni Vescovo di Terni e Narni.. Ma non mi credono perché ho loro raccontato troppi “casi della vita” che ormai mettono in dubbio ogni mio racconto. Ci lasciamo con un certo dispiacere perchè è stato bello camminare insieme. All’uscita dal paesino visitiamo la parrocchiale barocca dedicata a Santa

 

 
Maria Maggiore. Sulla soglia d’ingresso è riportata la data del restauro e i nomi del parroco e del vescovo di allora: proprio “Jo-Bapt. Dal Prà”. Mi viene da sorridere e chiamo al cellulare le sorelle invitandole a visitare la chiesa per trovare conferma alle mie chiacchiere. Chiamo anche Rosanna che ieri ha dormito fino alle 16 e oggi sta salendo a Macerino. Trova il percorso molto bello e molto spirituale. Sta cercando se stessa. Sentiamo che la milanese originaria di Valdobbiadene ha deciso di rientrare. Siamo rimasti solo noi due, imperterriti, tra questi campi, paesini e boschi. Ne avvertiamo la fatica anche perché il caldo si fa sempre più afoso in quanto per la prima volta non c’è aria e si suda molto. In compenso siamo in mezzo alla natura, senza traffico e gli alberi che ci accompagnano sono maestosi. Recitiamo il rosario sperando di vedere presto il paese, ma intravediamo invece, altissimo sulla montagna, un convento. Speriamo non sia quello il famoso Sacro Speco, ma ci inganniamo. E’ proprio quello. Ce lo confermano due anziani del posto che stanno curando, tanto per far passare il tempo, un orticello. Ora sappiamo che la fatica che ci attende è ancora tanta. A Ville facciamo aprire l’unico negozietto per comprare provviste. Stasera dovremo farci da mangiare. Ci dissetiamo e mangiamo qualcosa di energetico prima di affrontare il ripidissimo sentiero che sale, sale, sale fino a una delle meraviglie del percorso: il Sacro Speco. Quando arriviamo stremati scopriamo che si può arrivare quassù con una comodissima strada asfaltata. E’ l’ora che il convento chiude e un giovane, forse un frate in borghese dai modi molto spicci ci accoglie con un sintetico “Siete i pellegrini di Vicenza?” invitandoci a seguirlo attraverso una porta bassa, per una scala bassa, fino alle due camerette con bagni nuovissimi e infine alla cucina perfettamente attrezzata. Una chiave apre le tre porte, ci spiega, poi verifica l’accensione del gas e ce la consegna. Alla timida domanda di avere il timbro sulla credenziale rinvia laconicamente il tutto a “domattina alle 6,30 saremo in chiesa per le lodi” e sparisce. Ci sentiamo non graditi o, comunque, sopportati. Non è piacevole.

In compenso utilizziamo le camerette a cinque stelle per riposare, e ne avevamo bisogno. Poi ci riprendiamo, ci laviamo, laviamo e stendiamo. La serata è fantastica. Il silenzio assoluto e solo il canto degli uccelli accompagna la nostra solitudine. Mentre Mino si mette ai fornelli mando messaggi a tutti. Telefono a casa e sentiamo anche Bruno (che ci manca) perché questa serata evoca quella dell’anno scorso a S. Antimo. Anche lì eravamo soli.

Telefono anche a Greccio dove la suora ci ha riservato la “Casetta di Santa Chiara” e dove i miei parenti (da parte del cognato) ci aspettano.

Ecco il menù di Mino: bruschette, poi pasta al tonno e pomodoro e formaggio. Un rosso toscano ci aiuta a fare una rassegna delle esperienze fatte fin qui. Resta il mistero di questi frati invisibili.

Domani la tappa sarà meno dura. Almeno lo speriamo.

 

22 MAGGIO 2007 – STRONCONE E LE SALITE – GRECCIO E I PRESEPI

Notte ottima, roba asciutta e alle 6,30 siamo in chiesa per le lodi. Ci sono solo due frati, quello che ci ha accolto (!!) iersera e uno più giovane che ci aggiusta i messalini. Preghiamo insieme ed avverto che è bello. Finite le lodi il frate giovane ci avverte che ora ci sarà meditazione personale e silenziosa fino alle 7,30. Ne approfittiamo per uscire e visitare la cappella di San Francesco, la grotta di San Bernardino, il castagno, lo speco. Foto. Rientriamo alle 7,30 convinti di fare i timbri, ma prima riprende la preghiera, poi ci fa capire che sta per iniziare la S. Messa. Ne approfittiamo per seguirla, visto che ieri non siamo riusciti a prenderla. Alla fine il frate meno giovane ritira le credenziali, va in sacristia e dopo poco ce le riconsegna col timbro, ma senza firma e sempre in stretto silenzio: lo definiremo noi “Fra Muto”. Quello giovane, meno scostante, ci spiega che la prossima volta c’è il convento di Stroncone che offre ospitalità ai pellegrini. Di certo non ci sarà una prossima volta. Ci fa capire, in sintesi, che non gradiscono pellegrini come noi. Evviva la perfetta letizia. Scendiamo in cucina a fare colazione, lasciamo l’offerta nella cassetta e liberiamo i frati dalla nostra presenza, non senza aver riordinato e pulito tutto ben bene. Sacro Speco di Narni = frati speciali, muti o quasi. Scendendo pensavo tra me “Se questi frati hanno genitori, fratelli o amici, in caso di visita, li trattano da intrusi, non graditi come hanno trattato noi ?”. Poi mi viene in mente la “perfetta letizia” narrata nei fioretti di San Francesco, e capisco tutto.

Capita spesso, nella vita, di trovarsi in mezzo a un guado.

 
Alle 8,45 siamo fuori dal convento a cinque stelle dove c’è tutto, salvo il senso dell’ospitalità. Siamo in forma, ma la giornata è subito calda e il percorso, dopo la discesa, comincia con i saliscendi. Mino sogna le passeggiate, ma in spiaggia, dove ogni duecento metri c’è un bar. Troviamo una bella fonte dopo il piccolissimo Aguzzo. Sostiamo brevemente a Santa Maria della Neve e alle 12 siamo a Stroncone. Fra Pancrazio ci mette il timbro e ci fa capire che la loro ospitalità si limita al portico del chiostro. Conosce il Convento di San Pancrazio a Barbarano Vicentino e io gli ricordo che lì è sepolto il Venerabile Antonio Pagani, fondatore delle Suore Dimesse. Resta stupito delle mie conoscenze.

Paola, che ha abbreviato il percorso perchè ha una bolla, è già arrivata a Stroncone (e i frati non l’hanno ospitata) e ci aspetta in piazza dove, all’ombra, sostiamo ad un bar per fare colazione con tranci di pizza e frutta fresca comprata al momento da un ambulante. Pesche, susine, banane e mele finalmente. Alle 14 ci sembra opportuno ripartire. Subito salita e caldo, lungo il “sentiero di San Bernardino”. Mino comincia a non sopportare più queste continue salite e proseguiamo lentamente, con qualche sosta per vedere i segni di San Bernardino. Alle 16 arriviamo sull’altopiano dove, finita la frutta, recitiamo il rosario. Ormai siamo in località Prati al confine fra Umbria e Lazio. Molti cavalli al pascolo, alcuni incaprettati, poveracci. Un laghetto, abeti e ginestre rendono bellissimo il posto. Al bar due procaci sorelle stanno dipingendo le sedie assieme alla mamma. Un gelato ci sta, per me il calippo che richiede molto tempo e lascia, per ultimo, il liquido sugoso e dolce. Mino adesso è tornato in forma e non riesco a tenere il suo passo gagliardo.nei bellissimi Piani di Ruscio. Ed ecco la meraviglia: l’ultimo tratto di percorso, la discesa a Greccio, è completamente pavimentato e all’ombra. Scendiamo di buona lena e poco dopo le 18 arriviamo sudati e accaldati al Santuario incastonato tra le rocce. Visitiamo il convento, la chiesa appena rimessa a nuovo, la grotta del primo presepio con il dipinto di San Francesco ammalato agli occhi e la mostra dei presepi. Tutto bello, anzi bellissimo. Altra incredibile meraviglia, una suora ci attende e ci consegna le chiavi della “Casetta di Santa Chiara” struttura fatta apposta per gruppi tipo scout. Tre bagni a disposizione e molti materassi. La casetta è sotto il monte e c’è molta umidità. Dobbiamo dare aria alla stanza, tutta per noi. Qui il clima è accogliente, altro che Sacro Speco. Alle 19,30 siamo al bar annesso al grande parcheggio per cercare un passaggio in auto fino al paese di Greccio che è a circa due chilometri di distanza e in salita. Un buontempone dalla barba come Garibaldi si offre di portarci con la sua macchina, ma beve, fuma, chiacchera con tutti e non si decide mai di partire. Si fa tardi e i parenti aspettano.

Una gentile signora incinta si rende disponibile e ci dà il passaggio. Mandiamo a quel paese il “Garibaldi” chiacchierone, peggio di me.

In piazza a Greccio i parenti si sono mobilitati e hanno preparato una cena con sette portate condite di simpatia, ospitalità, allegria. E’ un amarcord nei confronti di mio cognato, che era di Greccio, e che una anno fa si è addormentato per sempre. Sua sorella e gli altri parenti hanno fatto le cose in grande. C’è anche la figlia Antonella, vigile urbano a Rieti, simpaticissima e bella e che conoscevo già. Una serata così la ricorderemo a lungo. Lontani da casa abbiamo ritrovato il clima di casa.

Quando ci riportano, tardi, nella nostra “Casetta” ci troviamo soli nella notte e godiamo, anche questa volta, il silenzio.

S. Francesco ammalato

 
 

 

 

 


23 MAGGIO 2007 – LA PIANA REATINA – FONTE COLOMBO – RIETI E LA FORESTA – COMUNITA’ MONDO X – SERENITA’ E GATTI

Sono le sei quando ci alziamo. Tempo di foto. Porto l’offerta nella cassetta del Santuario perché è ancora tutto chiuso. Il paese è silenzioso. Rare persone vanno al lavoro. Una donna aspetta l’autobus. La piccola piazza di Greccio è deserta. La segnaletica annuncia che anche Greccio, come Assisi, è gemellato con Betlemme. Passiamo davanti a una monumentale ricostruzione della Madonna di Lourdes poi costeggiamo il grande edificio chiuso del Buon Pastore e recitiamo il rosario nella galleria verde di questo bellissimo percorso. A Contigliano arroccato sul colle, troviamo un ottimo bar per la colazione che facciamo prima col cappuccino e poi con un buon bicchiere di vino. Verso Rieti, al bivio per Fonte Colombo, un giovane ci dà un passaggio così ci evita la salita che Mino non gradisce. Al Santuario mettiamo il timbro, compriamo la regola di San Francesco (che sia da mandarne una copia al Sacro Speco?) e visitiamo la cappellina con la Tau dipinta da San Francesco. Scendiamo fino alla fonte detta del “colombo” e sul sentiero troviamo una bellissima upupa morta.

Fonte Colombo

 
Entriamo a Rieti nelle ore calde, anzi caldissime. Sulla strada alcuni ciliegi ci consentono di ritemprare le energie. Entriamo a mezzogiorno in un’agenzia e stacchiamo il biglietto ferroviario di ritorno per domani alle 13. Ormai abbiamo deciso di forzare questa tappa e lasciare per domattina la conclusione, corta, di questo faticoso percorso. Poi ancora salita fino alla piazza principale di questa cittadina a misura d’uomo e facciamo i signori sotto il tendone del bar principale con un cameriere professionale che ci consiglia panini e birra e salatini e, infine, un affogato al caffè. Ormai sentiamo prossimo il ritorno alla vita civile.. Il caldo ci infiacchisce e sbagliamo la discesa facendo un lungo giro delle mura magnificamente restaurate. Torniamo fino a Sant’Agostino e troviamo un giardino a tappeto erboso ideale per riposare. Mi addormento sulla panchina. E’ proprio la vita del pellegrino. Ripartiamo, immergendoci nel traffico convulso della tangenziale, sotto un sole cocente e procediamo lentamente, con qualche piccola sosta.

Improvvisamente si apre davanti a noi la meraviglia del giorno: il convento della Foresta, un vero e proprio maso altoatesino trapiantato qui e tenuto perfettamente dai ragazzi di padre Valerio e del Mondo X con gerani alle finestre, fiori dappertutto erba perfettamente tagliata e orti che paiono giardini. Incredibile agli occhi.

All’ombra del viale di accesso gruppi di anziani giocano alle carte. Sembra l’Arcadia.

Cortesissima e professionale l’accoglienza di Matteo incaricato a presentarci il convento, la stanza di San Francesco, la vasca del miracolo della vendemmia, la fonte di acqua purissima, la bella chiesa che ingloba la primitiva cappellina affrescata.

Per noi una camera con tre letti e grande servizio. Padre Valerio oggi festeggia il 39°anniversario di sacerdozio e ci vuole assieme a Rieti dove Mondo X ha un altro convento più grande e attrezzato. Sento che sarà proprio qui che verranno animatori e giovani di Grumolo Pedemonte a fare campo scuola. C’è tutto il tempo per il solito rito di lavarsi, lavare, stendere, aggiornare il diario. Sarà l’ultima volta perché domani si torna a casa. Matteo mi fa vedere i magnifici presepi che costruiscono. Una Comunità straordinaria. Arrivano vari messaggi in rima da tante parti. Rispondo anch’io in rima. Siamo allegri.

Alle 19,30 puntuali si scende in auto a Rieti dove un cuoco in pensione, già inserito nel Veronelli, ha preparato una cena squisita con piatti raffinati, Noi accettiamo di grado, anche il vino rosato di loro produzione, una specialità. Padre Valerio è schivo, ma gode del clima che si è creato nel gruppo. L’ambiente, bene restaurato e onusto di storia, contribuisce a far crescere la meraviglia. Come è bello, Signore, stare insieme. Acquistiamo magliette e oggetti da loro promossi e poi rientriamo sentendo all’autoradio del primo gol del Milan che si appresta a vincere la Coppa del Campioni contro il Liverpool. Domani ci caricheremo lo zaino, per l’ultima volta. Ormai non sentiamo più il peso. Ho telefonato a casa per concordare il nostro arrivo a Padova domani sera alle 20. E’ praticamente, o quasi, finita.

 

24 MAGGIO 2007 – CANTALICE MERAVIGLIOSA - POGGIO BUSTONE – LA FINE – DUE TRIESTINI E LA PROVVIDENZA – SI TORNA A CASA

L’ultimo risveglio è anticipato alle 5,50, dobbiamo preparare lo zaino per la tappa, ma anche per il ritorno a casa. Alle 6,30 in punto Padre Valerio è alla macchina del caffè e ha preparato i biscotti. Non sappiamo come ringraziarlo per l’ottima ospitalità, sua e dei ragazzi, veramente motivati. Siamo stati bene qui. Ma abbiamo anche l’ansia di ripartire. Alle 6,45, mentre suona la campana, siamo alla Fonte di San Francesco dall’acqua fresca e pura “nostra sorella acqua”. Solo i pellegrini a piedi riscoprono e apprezzano le fonti d’acqua, per dissetarsi, per rinfrescarsi, per rifornirsi o anche solo per sentire, nel silenzio della natura, lo scorrere di questo elemento essenziale per la vita. Il sentiero è buono e ben tracciato, ma all’incrocio con la strada, riusciamo ugualmente a scegliere la parte sbagliata. In salita, come sempre. La direzione però è quella giusta. Qualche ciliegio ci allieta, qui i frutti sono già maturi. Incrociamo una ciclista mattiniera, poi troviamo il primo bar di Cantalice e sentiamo che il Milan è campione d’Europa avendo battuto il Liverpool 2-1. Facciamo colazione e poi attraversiamo questo borgo straordinario, dal nome bellissimo: CANTALICE. Le case addossate e digradanti su un poggio scosceso, la strada a scalinata che scende a tornati attraversando le stesse case: tutto è bello e suggestivo. Mino è in apprensione per il rientro. Ha saputo che il bus per Rieti parte da Poggio Bustone alle 10,30 e difficilmente arriveremo in tempo.

Io confido nella Provvidenza. Lasciato Cantalice il percorso diventa sentiero nel bosco e consente belle vedute sulla piana reatina e sui due suggestivi laghetti. Poggio Bustone non si vede, è alto sul colle, molto alto, e quando arriviamo all’ultima salita la troviamo veramente dura e, per di più, sotto un sole cocente. Arriviamo nella piccola piazza e Mino paventa di fermarsi qui, sono le 10,30. Addio autobus per il rientro. Il convento, che ora si vede, è a 400 metri e bisogna fare l’ultimo sforzo. Poi l’acqua della fontana ci ritempra e il parroco, un omone fumatore, ci informa che la chiesa di San Giacomo è quella del convento ed è lì che il percorso finisce. Ripartiamo ed è ormai fatta. Davanti alla chiesa e al convento un abbraccio e complimenti reciproci concludono il nostro percorso. La fatica, per certi versi superiore sia a quella del Cammino di Santiago, sia a quella della Via Francigena, è finita. Un fraticello ci pone i timbri e chiude le credenziali. Ora abbiamo il problema di tornare (a piedi?) a Rieti, da questo posto sperduto (ma dove andava San Francesco a cercare questi posti?). Non ci sono mezzi prima di mezzogiorno. Alle 13 parte il treno. Che fare! Ci pensa la Provvidenza. Una coppia di triestini, in viaggio per l’Italia, è in visita a questo luogo importante e suggestivo che l’insegna augurale “Buon giorno, buona gente” descrive bene: per noi sono proprio loro la “buona gente” che, a semplice richiesta, ci riporterà a Rieti. E’ subito feeling e anche Mino si rilassa. Livio e consorte, dopo le foto di rito e una chiacchierata con un giovane del posto che ci parla di Lucio Battisti (nativo di Poggio Bustone, gli hanno dedicato un monumento), ci portanto dritti in stazione ferroviaria. Abbiamo tempo di fare anche uno spuntino e di scambiarci gli indirizzi. Un fantastico trenino ad unica carrozza (lo definiamo il trenino più piccolo d’Italia) ci porta a Terni e nel caldo del pomeriggio, facciamo a ritroso l’ultima parte del percorso. Contignano, Greccio e poi giù alle Marmore e a Terni. Sembra un trenino personale, per noi e alcuni studenti, si ferma dappertutto. A Terni ci attende una stazione più grande e un treno più importante. Poi ad Orte lunga attesa, con gelato, per l’Intercity che ci porterà a Padova. Siamo alla carrozza 10, vecchia e stipata e con l’impianto di condizionamento che non funziona. Le altre carrozze, nuove e vuote, sono freschissime. Lo faccio notare al ferroviere che mi risponde stizzito. Ci consoliamo alla carrozza ristorante, che è fresca, con birra, panini e chiacchiere col barista, che è il simpatico napoletano trovato nell’andata. Poi giornali e dormiveglia. Alle 20,10 siamo a Padova dove mio figlio Francesco ci attende, tra meno di un’ora saremo a casa, in famiglia.

E’ FINITA, E’ VERAMENTE FINITA

Arrivati troviamo i nostri cari che ci accolgono con gioia pari alla nostra. San Francesco ci ha accompagnato con la sua santa benedizione riportata nella credenziale con questo testo:.

IL SIGNORE TI BENEDICA – E TI CUSTODISCA

TI MOSTRI LA SUA FACCIA – ED ABBIA MISERICORDIA DI TE.

VOLGA A TE IL SUO SGUARDO – E TI DIA PACE.

IL SIGNORE TI BENEDICA

Ci sentiamo veramente benedetti e con questa considerazione chiudiamo un’esperienza ricca di spiritualità, certamente indimenticabile. La conserveremo nei cuori e nella memoria.

Un grazie particolare ad Angela per la Guida, l’accoglienza, i consigli.

 

Ricordi di viaggio liberamente raccolti, con beneficio d’inventario, dai pellegrini PINO TONIOLO e MINO CASTIGLIONI senza altro scopo se non di condividere una esperienza di vita vissuta intensamente e con gioia - Piovene Rocchette (VI)